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String Kong Yeti 1.26

Dopo aver apprezzato le qualità dinamiche della Gorill-1, qui il test completo, è tempo di parlare della corda più agonistica del marchio String-Kong, la Yeti 1.26.

String-Kong è un marchio italiano, ormai non ha più bisogno di presentazione, che propone corde di qualità con un rapporto qualità/prezzo davvero invidiabile, che ha tutti i numeri per diventare un Best-Seller del mercato. La gamma comprende Yeti 1.17 e 1.26, Orango 1.22 e i multi Bonobo 1.30 e Gibbon, oltre ovviamente al mono già recensito Gorill-1. Non finisce qui, perchè il marchio commercializza anche degli ottimi grip ed overgrip, sia Tacky che Wet, e del merchandising davvero simpatico ed accattivante, come la felpa e la t-shirt con il logo dello scimmione.

Yeti 1.26 è un co-poly control-oriented, una corda pensata per il controllo e per il feeling diretto con la palla, caratterizzata da una bassa elasticità, ma con un’ottima tenuta di tensione, al di fuori del comune, rara, da qui il nome Yeti, per la sua unicità e per il colore bianco, proprio come l’uomo delle nevi. Il calibro non è molto comune, 1.26, è stato scelto per conferire una sensazione piena di impatto e per donare un dwell-time particolare, che si traduce in un incremento delle rotazioni e della già ottima durata, davvero a prova di agonista spaccacorde. Pur non avendo una rigidità elevata, è comunque una corda indicata solamente per giocatori agonisti avanzati, che cercano un armeggio capace anche di spinta, ma in risposta a sollecitazioni energiche. Agonistica si, ma non rigida o invasiva per il braccio, perché String-Kong ha sempre un’attenzione particolare al comfort di gioco e all’attenzione per le articolazioni.

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8 commenti

    • La 1.17 è sempre agonistica, ma meno ostica dal punto di vista fisico e tecnico, anche se offre minori rotazioni massime, ma è più facile generarle. In pratica, il modulo elastico è più presente e c’è più affondo e tempo per gestire la palla.

    • La Yeti è più faticosa, ma ha una resa superiore di spin e grippa di più rispetto alla tour player, che invece ha una spinta maggiore per il principio “elastico” superiore. Sono della stessa famiglia di corde, ma la Tour player ha una gocabilità maggiore. Come tenuta di tensione la yeti fa meglio e, per questo, la consiglio sopratutto in ibrido a chi non è agonista vero.

  1. Ciao Fabio,
    vorrei provare sia la Yeti 1.17 che la Orango 1.22 sulla mia Mantis 300PS II in ibrido con il budello 1.30.
    Il mio setup di riferimento è StringLab Tournament 1.25 / Budello 1.30 (22/24kg), mi sai dire che tensione adottare?

    Grazie

    • Ciao Francesco, puoi mantenere la stessa tensione che utilizzi attualmente, ma scenderei di un kg con il budello, per sfruttare la spinta facile e l’allungo. un chilo di differenza è più che sufficiente, soprattutto in abbinamento con la Orango.

  2. CIAO…io sono un estimatore da tempi non sospetti (sigh) della YETI 1,17. VOLEVO SAPERE cosa ne pensi ,se le hai provate, SIA L’IBRIDO YETI2 (cioè YETI 1,17 CON YETI 1,26, monofilo con monofilo ….). E poi so che è uscita una NUOVA CORDA dal nome “indicativo” BANANA BITE 1,19 e (…) che sarebbero quanto di meglio (secondo indicazioni di String Kong) ci sia in termini di corde PER UN ECCEZIONALE TOP SPIN …(ovvio, che bisogna saperlo fare, ecc. ecc.). PER CASO LE HAI PROVATE O LE PROVERAI? Sempre grato per gli utilissimi consigli e analisi, ciao luca alias ehiman

    • Ciao, bentornato. L’ibrido Yeti2 l’ho provato ed è ben pensato perché lascia scorrere meglio le corde, evitando l’impatto tanto massiccio di un full Yeti1.26. Per chi adopera le yeti, o corde simili, è una soluzione interessate. Per quanto riguarda le Banana Bite, le sto provando, più avanti ci sarà la recensione. Per ora posso dirti che la corda ha controllo, feeling e anche una piacevole spinta, soprattutto la 1.19. Come spin, sembano efficaci, i colpi sono belli carichi.

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